“Il pozzo delle anime di Marcello Simoni”

1626, un maligno si aggira per Ferrara, lo chiamano Malach Ah-Mavet, l’angelo della morte.

A fermarlo è chiamato l’inquisitore Svampa che inizia a essere scomodo a qualcuno a Roma.

Ma lo Svampa si troverà davanti ad un mistero legato alla qabbalah e al mondo ebraico.

Ma altri pensieri tengono vigile l’inquisitore e uno di questi ha un nome e lunghi capelli: Margherita Basile.

 

 

Una nuova indagine per l’inquisitore nato dalla magistrale penna di Marcello Simoni.

Questa volta insieme al protagonista ci addentriamo a Ferrara nel ghetto ebraico e nelle sue vie misteriose.

Scopriamo insieme a lui misteriosi riti, la qabbalah e altre superstizioni tipiche del suo tempo.

Ma in questo libro, almeno per me, ho trovato uno Svampa più uomo, meno invincibile e molto molto più vulnerabile rispetto ai precedenti romanzi.

Colpa o merito anche del personaggio della Basile che riesce a rompere le difese dell’uomo integerrimo che abbiamo imparato a conoscere e che anche se solo per poco lo rende vulnerabile, sensibile, un uomo che perde molte delle sue certezze e la sua durezza.

L’immagine vuole rappresentare l’inquisitore, anche se quello scritto su carta è molto meglio (foto presa da Printerest)

Forse Simoni sta scoprendo il suo personaggio un po’ alla volta portando il lettore ad innamorarsi sempre più di lui.

Io sono tra quei lettori.

Lo Svampa non l’ho amato dal primo libro, ma pagina dopo pagina, racconto dopo racconto mi ritrovo ad aver letto questa ultima avventura e a non volerlo ancora lasciar andare.

Fortunatamente la storia è ancora molto lunga…

 

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