“Hostia l’innocenza del male di Federico Bonadonna”

Hostia non è un libro, è un viaggio.

Hostia non è un libro, è una storia di resilienza.

Hostia non è un libro, è un qualcosa che ti entra nelle vene e sale su fino al cuore per arrivare a strapparti l’anima.

E tu ignaro lettore ti trovi a leggere la storia di Martino, psicologo del litorale romano, che si imbatte in un caso complicato, quello della piccola Emma che a soli nove anni ha già visto l’inferno.

Martino è disposto a tutto per aiutarla, anche a mettersi contro poteri politici e a perdere l’unica collaboratrice che ha, ma la piccola Emma va portata via da quell’inferno fatto di abusi e sofferenze, troppo grandi per una bambina di soli nove anni.

La storia si sviluppa nel corso degli anni, dalla fine degli anni ’80 ai primi anni ’90 e attraverso Emma, Martino riscopre anche la sua storia, meno cruenta di quella della bambina, ma pur sempre troppo sconvolgente.

Nel suo mondo si alternano le litigate con la fidanza Lorenza, le sedute dalla psicologa, la malattia della madre e la paura del padre.

Ma attraverso Emma, Martino scopre che può e deve andare avanti.

Lo deve a Emma, ma soprattutto a se stesso.

Un filo rosso lo lega alla bambina, un unico filo rosso sangue. Un filo chiamato Resilienza.

Bonadonna con questo scritto ci porta in un luogo e in un tempo che ormai chiamiamo passato, ma che purtroppo è così attuale da poter essere chiamato presente.

Un racconto fatto di immagini crude e violente, un racconto che parla di Resilienza, questo termine oggi molto usato.

Un racconto che non può rimanere solo sulle pagine di un libro.

Dovrebbe essere trasposto in immagini reali per arrivare a tutti e per fare in modo che storie come quella della piccola Emma siano sempre meno.

Dovrebbe arrivare a tutti, ma soprattutto a quelle persone che nonostante tutto sono sempre disposte a rialzarsi a essere resilienti, appunto, per fargli capire che non sono sole.

Perché Martino e Emma  fanno parte di noi ancora prima di entrare nelle nostre vite di lettori.

 

FEDERICO BONADONNA

Un passato nelle politiche sociali, dal 2008 vive e lavora all’estero come antropologo.

Tra i suoi scritti ricordiamo “Il nome del Barbone” da cui Francesco Maselli ha tratto il film Civico Zero

 

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